La connessione tra foreste e produzione materiale è spesso rumorosa. I macchinari per il taglio, i tronchi che rotolano sui rulli delle segherie e che passano attraverso giganti lame seghettate, le tavole che diventano pacchi, e i pallet di legname che vengono spostati nei piazzali da muletti potenti e sonori: quando la foresta si trasforma in miniera da cui estrarre risorse e materia prima, il silenzio scompare. In apparenza gli alberi sembrano immobili fino al momento prima di incontrare la bomboletta colorata con la quale gli operatori forestali segnano i tronchi da abbattere. La verità è, invece, che i boschi si spostano, agiscono, trasformano anch’essi il loro habitat per renderlo più ospitale. Come per i numerosi scienziati che su questi temi indagano da decenni, anche per i designer la vita delle piante è sempre più un tema di grande fascinazione.

La foresta è integrata nel grande mondo del design fin da quando gli uomini hanno dato forma ai primi oggetti, inventandosi (o progettando) la loro civiltà. La storia della relazione manifatturiera dell’uomo con i prodotti dei boschi è ancestrale. Siamo abituati a studiare la storia delle fasi dell’evoluzione della nostra società definendole ‘l’età della pietra’, ‘l’età del bronzo’ o ‘l’età del ferro’, titolando questi periodi tramite i materiali che hanno caratterizzato i manufatti risalenti a quella specifica epoca. Questi materiali sono infatti rimasti nel tempo, ma i primi oggetti – molto prima che in pietra o metallo – furono realizzati in legno, materiale biodegradabile. Quei manufatti, spesso, non sono mai stati rinvenuti. L’eccezione è rappresentata dal ritrovamento, in Germania, delle lance di Schöningen, armi in legno che l’uomo di Neanderthal utilizzava 300.000 anni fa per cacciare: la prima testimonianza su larga scala di utensili in legno fabbricati dall’uomo. La scoperta ha messo in discussione la storia della produzione materiale e la comprensione dei primi comportamenti umani. Le lance – leggere e facili da trasportare – erano realizzate con rami di abete rosso tagliati, scortecciati e fatti stagionare, per costruire uno strumento aerodinamico ed ergonomico, che dimostra la profonda conoscenza delle proprietà del legno e le abilità nel lavorarlo.
Nel bosco l’uomo ha scoperto un materiale con cui ha poi sviluppato un legame stretto, che ha continuato a trasformare nei millenni, comprendendone empiricamente le proprietà biomeccaniche e utilizzandolo in base alle caratteristiche specifiche, che cambiano di regione in regione, di altitudine in altitudine – proprietàche metalli e altri materiali inerti non possiedono. Ancora oggi una consistente parte di ciò che viene prodotto arriva dalle foreste: una pratica trasformativa che si esprime nella produzione di oggetti di diversissime tipologie, scale e funzioni. In un contesto in cui siamo stimolati a ripensare il nostro rapporto con ciò che produciamo, il bosco è, per le materie prime che da esso derivano e per diffusione, una delle realtà su cui porre una lente di ingrandimento. Questo legame, mediato dalla produzione, si rivela nella quotidianità: la presenza dei prodotti della foresta è tanto nei piccoli e ordinari oggetti usa-e-getta quanto negli scheletri delle case e delle strutture urbane.

Sappiamo ormai che utilizzare il legno in sostituzione di alcuni materiali riduce l’impatto sull’incedere del riscaldamento globale; nelle costruzioni, per esempio, utilizzare legno lamellare consente di abbattere dal 20 al 50% le emissioni di CO2 equivalente incorporate nell’edificio. Molto più raramente, invece, capita di interrogarci su quanti siano gli oggetti che utilizziamo tutti i giorni e che sono prodotti grazie ai materiali reperibili nell’ecosistema forestale, dai più comuni a quelli più tecnologici, come l’aerogel di cellulosa o i biofilamenti per gli stampaggi 3d. Considerato quanto sia capillare e pervasiva la presenza dei derivati dagli alberi negli oggetti e nelle strutture, il lavoro che svolgono i ricercatori forestali è importantissimo per continuare a nutrire il legame che abbiamo costruito con il legno, ma anche e soprattutto per comprendere l’impatto dell’utilizzo o dell’estrazione di questa risorsa sull’ecosistema, per capire come utilizzare al meglio i materiali, ma anche come e dove reperirli. Serve molta sinergia tra chi progetta gli oggetti, chi struttura le filiere, chi organizza le catene produttive e chi può fornire indicazioni sul modo in cui rapportarci a questi luoghi per salvaguardarli.
Il nuovo millennio, tuttavia, sembra aver portato maggiore consapevolezza del nostro debito di sopravvivenza con le foreste, grazie al grande lavoro divulgativo e informativo degli esperti. Solo alcuni esempi: i libri del neurobiologo vegetale Stefano Mancuso – diventati, con La Nazione delle Piante (Editori Laterza, 2019), anche parte dei contenuti ideati da Paola Antonelli per la XXII Esposizione Internazionale di Triennale Milano Broken Nature nel 2019 sul ruolo del design nel rapporto con gli ecosistemi; la ricerca scientifica sul sorprendente mondo della micologia rivelato dal best-seller L’ordine nascosto di Merlin Sheldrake (Marsilio Editori, 2022): la coinvolgente mostra Trees tenutasi tra 2019 e 2020 alla Fondation Cartier (a cura di Bruce Albert, Hervé Chandès, Isabelle Gaudefroy) e a cui il filosofo Emanuele Coccia ha partecipato con un ampio contributo, a partire dalla sua stessa citazione:“There is nothing purely human, the vegetal exists in all that is human, and the tree is at the origin of all experience”.
Le immagini che accompagnano l’articolo sono tratte dalla mostra fotografica ‘Bosco, Albero, Uomo’ in corso all’Accademia dei Georgofili di Firenze (Logge Uffizi Corti fino al 18 dicembre 2025). La mostra, a cura di Davide Fiorino e Daniele Vergari, si sofferma sul rapporto tra l’entità Bosco e l’Uomo, senza tralasciare l’Albero come unità specifica. È concepita e realizzata sulle fotografie tratte dagli archivi e dai fondi storici dell’Accademia e propone una riflessione sulla storia e sulla natura delle problematiche che questo rapporto ha affrontato tra gli inizi del Novecento e gli Anni Settanta. L’Accademia dei Georgofili, fondata a Firenze nel 1753, è al mondo la più antica istituzione del genere ad occuparsi di agricoltura, ambiente, alimenti e a promuove il progresso delle conoscenze (georgofili.it)
Foresta di abete rosso; in primo piano, giovane piantata ottimamente riuscita (s.l. - DE, s.d.), courtesy Fototeca - Accademia dei Georgofili
In punta di piedi, il bambino allunga le braccia lungo i mille anni di anelli di crescita di una sequoia (Richardson Grove – CA, s.d.), courtesy Fototeca - Accademia dei Georgofili
Preparazione dei pali (Palo – Savona, s.d.), courtesy Fototeca - Accademia dei Georgofili
Un “servo agricolo” conduce al pascolo cavalli avelignesi. Siamo sull'Alpe di Siusi (Castelrotto – Bolzano, 1972), courtesy Fototeca - Accademia dei Georgofili
Un gruppo di carpini formanti un'ampia cupola (s.l, s.d.), courtesy Fototeca - Accademia dei Georgofili
Sezionatura in toppe della parte basale di un bellissimo tronco di pioppo idoneo per la sfogliatura. La colorazione scura del massello non danneggia eccessivamente la fabbricazione dei compensati (s.l., 1960), courtesy Fototeca - Accademia dei Georgofili
Taglio di sementazione in faggeta (s.l., s.d.), courtesy Fototeca - Accademia dei Georgofili