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Forty years without borders: a museum for Schengen

by Giulia Marani

Dal 14 giugno di quarant’anni fa, quando i rappresentanti di cinque Paesi europei si riunirono a Schengen, villaggio lussemburghese di circa 5.000 abitanti affacciato sulla Mosella, per firmare il trattato internazionale che poneva le basi per uno spazio comune in cui persone e merci potessero circolare liberamente, il nome di Schengen è sinonimo di territorio ‘borderless’, senza barriere.

A fare da sfondo allo storico incontro del 1985 fu, in realtà, un battello fluviale, il Prinzessin Marie-Astrid Europa, oggi completamente restaurato e ormeggiato di fronte all’edificio ristrutturato da Forma Architects che ospita il nuovo Schengen Museum. Inaugurato in concomitanza con il quarantesimo anniversario della firma dell’accordo che tanto influenza le vite degli abitanti dell’Area Schengen (oggi decisamente più ampia di una volta, con 27 Paesi membri), il museo racconta che cosa sono i confini anche ai giovani della Generazione Z, abituati a passare da un Paese europeo all’altro quasi senza accorgersene.

Il progetto del nuovo allestimento permanente del museo è tutto italiano, e porta la firma dello studio Migliore+Servetto in collaborazione con lo studio di multimedia design Karmachina. “Abbiamo lavorato fin da subito a stretto contatto con i curatori del museo”, spiega a humus® l’architetto Ico Migliore, “e abbiamo costruito con loro un viaggio intorno all’idea del confine, che oltre a essere di attualità, con le 56 guerre in corso in questo momento nel mondo, è affascinante anche per i suoi risvolti antropologici. Ragionare su questo tema permette di interrogarsi sulla metamorfosi fisica dei luoghi, soprattutto laddove un Paese sfuma nell’altro, e sulla trasformazione positiva delle persone che avviene grazie all’incontro con la diversità. Si può avere la tentazione di richiudersi entro i propri confini pensando di mettersi al sicuro, ma non dimentichiamo che il contatto con gli altri è indispensabile per evolvere. Nessuno è mai cambiato da solo in una stanza”. 

– L’edificio del museo, affacciato sulla Mosella in prossimità del triplice confine tra Lussemburgo, Francia e Germania, è stato ristrutturato dallo studio Forma Architects, ph. A. Martiradonna, courtesy Migliore+Servetto

Nei circa 400 metri quadri del corpo principale dello Schengen Museum Ico Migliore e Mara Servetto hanno costruito un percorso circolare ed esperienziale basato proprio sul superamento delle barriere tra epoche e linguaggi. I visitatori possono, come in qualunque esposizione tradizionale, approfondire i temi storici con l’aiuto di testi e raccolte di cimeli e fotografie – “C’è, per esempio, una serie di scatti molto belli dedicati alle postazioni delle guardie di confine, con stile e atmosfere che ricordano un po’ quelli di Wes Anderson” ricorda Migliore – , oppure immergersi nella questione usando strumenti più ludici e interattivi come le interfacce e il gaming. Al centro di tutto c’è il Cube, un cubo formato da tante bandiere giustapposte che pulsa come un cuore e contiene le testimonianze di persone provenienti da diversi Paesi europei. Sul battello che completa l’esperienza, destinato a muoversi lungo il fiume come una macchina espositiva non convenzionale, gli arredi originali rievocano l’estetica della metà degli anni Ottanta e la realtà della ‘Signature Room’, dove venne materialmente firmato il trattato, mentre uno spazio modulare è già pronto ad accogliere mostre temporanee.

L’interazione con il visitatore è un elemento chiave fin dal momento in cui fa il suo ingresso ed è chiamato a registrarsi dichiarando il proprio Paese di provenienza. A quel punto ottiene una carta che funziona come un badge e permette di dialogare con il museo. “Noi lavoriamo da tempo sul design applicato alla comunicazione culturale e abbiamo notato che di solito le persone tendono a ricordare non tanto i contenuti letti o gli oggetti visti, quanto le emozioni provate; per questo abbiamo voluto un allestimento parlante” prosegue Ico Migliore che, insieme a Mara Servetto, ha espresso la propria visione sui luoghi della cultura in un libro dal titolo Museum seed. The futurability of cultural places (Electa, 2024). “Uno dei giochi proposti è un labirinto in cui bisogna scegliere un personaggio e mettersi nei suoi panni, per poi attraversare una serie di confini. Chi lo fa si rende conto che la difficoltà dell’esercizio cambia in funzione della nazionalità del personaggio: in alcuni casi espatriare può richiedere un gran numero di documenti e di trafile burocratiche. Noi siamo nati in una certa parte del mondo e abbiamo molta libertà di movimento. Non tutti, però, hanno avuto la stessa fortuna”.

Tra le esperienze ludiche proposte ai visitatori, una consiste nel cercare di capire da quale Paese dell’Unione Europea provengono oggetti oggi in disuso, come i passaporti o i berretti delle guardie di confine, ph. A. Martiradonna, courtesy Migliore+Servetto

Nel percorso dello Schengen Museum il digitale fa la parte del leone, sempre controbilanciato da una componente analogica. A ogni passaggio, infatti, agli utenti viene chiesto di compiere piccole azioni nel mondo fisico: sfogliare pagine, spostare cursori o toccare schermi e pulsanti: “Tutto questo si può fare soltanto sul posto; non è un’esperienza che può essere fatta da casa. La tecnologia deve aumentare la percezione del visitatore, ma non deve rappresentare un’attrazione fine a se stessa”, chiarisce ancora l’architetto Migliore che, insieme a Servetto, sostiene una terza via per la creazione di percorsi didattici ed esperienziali; una via alternativa alla cosiddetta modalità ‘white cube’, la scatola bianca asettica, e la modalità ‘luna park’, ricca di effetti speciali non sempre pertinenti o necessari. “Per noi il museo è un laboratorio del futuro, che deve fornire spunti di riflessione e spingere ognuno di noi a interrogarsi su come usare le nuove conoscenze con cui entra in contatto per cambiare il mondo. Come architetti e designer abbiamo la grande responsabilità di occuparci di un’estetica che sia trasformativa per le persone. Non disegniamo cose – o meglio, non disegniamo solo cose – ma soprattutto comportamenti”.

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Il Cube, con tante bandiere diverse, ‘respira’ con una pulsazione ritmica e raccoglie le storie degli abitanti di alcuni Paesi europei, ph. A. Martiradonna, courtesy Migliore+Servetto

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Gli schermi interattivi del museo permettono di muoversi attraverso le epoche storiche per capire l’evoluzione dei confini in Europa, ph. A. Martiradonna, courtesy Migliore+Servetto

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Tra le esperienze ludiche proposte ai visitatori, una consiste nel cercare di capire da quale Paese dell’Unione Europea provengono oggetti oggi in disuso, come i passaporti o i berretti delle guardie di confine, ph. A. Martiradonna, courtesy Migliore+Servetto

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Una sala del museo, con sullo sfondo la parete del Cube, un vero e proprio cuore pulsante all’interno del percorso espositivo, ph. A. Martiradonna, courtesy Migliore+Servetto

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L’edificio del museo, affacciato sulla Mosella in prossimità del triplice confine tra Lussemburgo, Francia e Germania, è stato ristrutturato dallo studio Forma Architects, ph. A. Martiradonna, courtesy Migliore+Servetto

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Il battello fluviale Prinzessin Marie-Astrid Europa ha avuto un ruolo di primo piano nella storia dell’Unione Europea: è qui che i delegati di cinque Paesi firmarono il Trattato di Schengen, ph. A. Martiradonna, courtesy Migliore+Servetto

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Il battello fa parte del percorso dello Schengen Museum e accoglie mostre temporanee. A bordo si visita la sala dove fu firmato il trattato, con arredi e tessuti originali, ph. A. Martiradonna, courtesy Migliore+Servetto

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Ico Migliore e Mara Servetto all’interno dello Schengen Museum, ph. A. Martiradonna, courtesy Migliore+Servetto. Lo studio Migliore+Servetto ha firmato interventi in importanti istituzioni culturali, dall’ADI Design Museum di Milano al museo Chopin di Varsavia

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