Per la designer tedesca Johanna Seelemann (Lipsia, 1990) la terra non è soltanto un materiale con cui costruire nuovi oggetti, ma qualcosa di fragile e prezioso del quale prendersi cura. Il suo progetto più recente, Soil Assembly (L’assemblaggio del suolo, oppure L’assemblea del suolo, giocando sulla polisemia del termine “assembly”), ha come punto di partenza una ricerca sull’Islanda, un paese molto particolare poiché quasi privo di alberi: le foreste di betulle che una volta ricoprivano gran parte dell’isola vennero, infatti, quasi interamente abbattute dai vichinghi nel nono secolo. Oggi, i tentativi di rimboschimento si scontrano con la povertà del suolo, che manca dei micronutrienti necessari per far crescere le piante. La designer ha immaginato una serie di oggetti in grado di “curare” la terra islandese in maniera lenta e graduale, rilasciando sostanze nutritive man mano che si decompongono o vengono erosi dalle piogge acide. Per questo lavoro, la Seelemann è stata costretta a proiettarsi in un orizzonte temporale inusitatamente lungo: “Il primo passo è stato capire che gli esseri umani e la terra vivono su linee temporali diverse, una biologica e l’altra geologica. Quando il suolo è nuovo, ha centinaia di anni. Quello che a noi può sembrare statico è in realtà in continua trasformazione, è un microcosmo brulicante di vita”, spiega.

L’attenzione alle necessità degli altri esseri viventi, anche microscopici, è una costante nella pratica di Johanna Seelemann, che l’anno scorso ha presentato a Milano Micrographia – Redesign for Biodiversity (Micrografia – Ridisegnare per la biodiversità), una serie di proposte per la creazione, all’interno delle nostre città, di nicchie in cui piante, insetti, uccelli e piccoli animali possano vivere in armonia con gli esseri umani. La sua idea di una nuova Milano più accogliente per abitanti non necessariamente appartenenti alla specie Homo Sapiens si concretizzava allora in tre oggetti. Il primo, delle bombe di semi in terra cruda, sabbia, paglia e argilla dalla forma tondeggiante ispirata a uno degli arredi urbani più iconici della città, il Panettone stradale in cemento disegnato da Enzo Mari nel 1980, e pensate per far crescere diverse specie di piante autoctone lombarde, contribuendo così alla sopravvivenza delle api e degli altri insetti impollinatori. Il secondo, un elemento di facciata in geopolimeri derivati dagli scarti del riso e polvere di vetro riciclata, progettato in modo tale da accogliere le rondini e altri uccelli; il terzo, dei vasi in terracotta che sfruttano una tecnica di irrigazione già usata nell’antica Grecia per fornire acqua alle radici di diversi tipi di piante.

“«Micrographia» è il titolo di uno dei primi best seller scientifici, pubblicato nel 1665. L’autore, il britannico Robert Hooke, aveva perfezionato uno strumento di recente invenzione, il microscopio, e descriveva alcune delle sue osservazioni più entusiasmanti, dal pungiglione di un’ape alla struttura cristallina dei fiocchi di neve”, racconta ancora Johanna Seelemann. “La lente del microscopio per me è un’utile metafora di come può cambiare il nostro sguardo sulla realtà: le cose ci appaiono diverse rispetto a quando le osserviamo a occhio nudo, mentre in realtà sono sempre le stesse”. Ingrandendo l’immagine, insomma, riusciamo a percepire dettagli sempre più minuti e possiamo renderci conto che gli ambienti urbani brulicano di forme di vita non umana. “Quando parliamo di design inclusivo di solito lo facciamo in senso antropocentrico, pensando a garantire l’accessibilità a persone con background e abilità differenti. Una definizione rivista potrebbe evocare invece la progettazione di prodotti e ambienti che siano utili a numerose specie viventi contemporaneamente”, prosegue la designer.

La terra è uno dei materiali più amati da Johanna Seelemann, che apprezza in particolare la sua capacità di rinnovarsi continuamente assumendo forme diverse. Negli ultimi anni, ha esplorato le potenzialità estetiche del Marsclay, una creta speciale usata nell’industria delle auto per modellare prototipi a grandezza reale (in Terra Incognita, il progetto presentato come tesi di laurea alla Design Academy di Eindhoven nel 2019) e della terra cruda mescolata con la paglia (in Hortolanus, sviluppato tra il 2021 e il 2022). “Le opere in terra cruda – cioè argillosa, non cotta – possono essere distrutte, mescolando la terra con l’acqua, e ricreate all’infinito. È una tecnica che ha dimostrato la sua intelligenza nei secoli e che ho avuto modo di imparare a Wangelin, nel nord della Germania”.

Johanna Seelemann, Micrographia, © Robert Damisch

Johanna Seelemann, Terra Incognita, 2019. Courtesy J. Seelemann

Johanna Seelemann, Hortolanus, 2021-2022. Courtesy J. Seelemann

Johanna Seelemann, Hortolanus, 2021-2022. Courtesy J. Seelemann

Johanna Seeleman, Soil Assembly, 2025

Johanna Seelemann, Micrographia, © Nicola Colella, Park Associati

Johanna Seeleman, Soil Assembly, 2025






