Terra, storia e identità: sono gli elementi che l’artista Chiara Camoni amalgama e fonde per restituire opere di intensità rara, dove foglie, fiori, pigmenti sono un tutt’uno con la ceramica. Un processo creativo che è stato alla base della sua mostra Chiamare a raduno. Sorelle. Falene e fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse, presentata nel 2024 all’Hangar Bicocca di Milano a cura di Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli. Innanzitutto, lo spazio: per l’occasione nella grande sala dell’Hangar la luce naturale è stata lasciata filtrare all’interno, marcando così una differenza con i progetti espositivi delle mostre precedenti e successive. Le sue porcellane-oggetto che, una volta assemblate, danno vita a grandi serpentesse, i suoi vasi-farfalla, che diventano il luogo per la celebrazione di una continua rinascita, il decoro floreale disgregato e trasformato in una metamorfosi continua occupavano pacificamente e armoniosamente i volumi aperti e luminosi dell’Hangar Bicocca. Come in una cattedrale laica, in cui potersi ritrovare, in cui essere “chiamati a raduno” dalla magia dell’artista, la stessa che spesso coinvolge altre mani, altri occhi e altre vite nella costruzione delle proprie opere. Chiara, infatti, condivide il processo di creazione, aprendosi al mistero, all’imprevisto ma anche alla bellezza dell’incontro con l’altro.
Di terra, storia e identità abbiamo, quindi, dialogato con lei.

Terre rare potrebbe essere il sottotitolo di molti tuoi progetti. Puoi parlarci dell’importanza della terra nella tua ricerca?
Per me la terra è la protagonista della mostra che si è tenuta all’Hangar, legata proprio all’idea di terreno, della rarità della terra specifica dei luoghi che ho frequentato e dove sono stata invitata. Spesso sono prelievi che io faccio in luoghi che hanno un suono, un colore, un fascino. Certe sabbie mi chiamano e le custodisco per poi utilizzarle nel processo realizzativo dell’opera. Nel mio laboratorio ho tanti barattoli di sabbie e di terre che poi mescolo: ogni vaso, ogni Sister sono realizzati con queste terre. Altre opere le ho realizzate prelevando della sabbia da una spiaggia in Galles: era una terra dal colore violaceo, per me irresistibile. Era importante non usare argilla industriale, ma qualcosa di raro e irripetibile, ricordo di quel momento. La terra conserva un ricordo e un’unicità e questo si riflette anche nel colore che vira dal viola al bianco: questo è possibile perché nel pezzo di suolo in cui ho prelevato la terra c’erano probabilmente composizioni chimiche differenti che hanno dato sfumature diverse alla scultura. La rarità sta proprio nell’essere non standardizzata. Ogni terra che prelevo ha una sua personalità, un colore unico. Ognuna delle Sister, per esempio, è diversa sia come composizione, ma anche come installazione: ogni volta che le Sister vengono montate prendono una forma nuova, in continuo movimento. Alcune hanno all’interno dei fiori che chiedono di essere cambiati; le candele che finiscono devono essere sostituite. Sono opere che richiedono una cura e un accudimento. Le opere in mostra sono per me tutte non chiuse: non sono finite quando sono concluse, ma sono finite quando raggiungono il giusto punto di mutevolezza.

Mi piace molto il modo in cui adatti il concetto di rarità a quello di unicità e cura. Le terre rare, nella loro accezione estrattiva, segnano anche un contrasto da patrimonio collettivo diventa risorsa per pochi. Il singolo e il gruppo sono al centro anche della tua pratica e sono protagonisti anche di questa mostra. Ti chiederei quindi come nasce il bisogno di partecipazione in alcuni tuoi lavori dove il coinvolgimento del pubblico avviene ancora prima della fase espositiva.
C’è una definizione che mi piace molto e che prendo a prestito da un libro a me caro e che è la giusta misura (Anselm Grün, La giusta misura, ndr): direi che restituisce il senso del mio operare che è sempre segnato dall’idea “in molti, ma non troppi”. C’è un equilibrio nelle cose e se superiamo quella misura le cose collassano o prendono un’altra forma. Io credo molto in una trasmissione che avviene per contatto diretto tra le persone, ma per mia attitudine sento necessario agire in gruppi medi (dell’ordine di una ventina di persone). Questo perché c’è un certo tipo di sapere, che secondo me è il sapere che ha a che fare con la trasformazione, che si trasmette in presenza o, meglio, quando si è in relazione. Questo sapere prevede la presenza dell’altro, ma non ammette la moltitudine perché è difficile trovare in quella misura un contatto di relazione diretta. Nei laboratori è fondamentale mantenere la relazione di un corpo in presenza di un altro corpo. Questo non vuol dire che non abbia mai lavorato con gruppi enormi, ma in quel caso cambiava l’intenzione: penso ad esempio alla performance che ha coinvolto settecento bambini, Il grande baccano; in quel caso lavoravo con una moltitudine, ma gli obiettivi erano diversi. Penso invece che la mostra presentata in Hangar Bicocca parlasse di relazioni di prossimità, di familiarità, di convivialità.
La convivialità mi sembra la parola chiave, quella che si riflette anche negli oggetti quotidiani, solitamente destinati alla tavola, che prendono nuove forme.
Esatto. Ci sono piatti, tazze, ma le stesse Sister a volte sono fatte durante i laboratori, attorno a un tavolo. O anche il pavimento che è stato decorato da tutte persone sedute attorno a un tavolo. La tavola è la misura della convivialità: chi hai di fronte o di lato lo percepisci ed entra nel lavoro. L’incontro è un momento intenso, che entra nel lavoro. Si crea qualcosa di unico, qualcosa che parla anche con l’unicità della terra.

Chiara Camoni. “Chiamare a raduno. Sorelle. Falene e fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse.” Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024. Courtesy C. Camoni e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Chiara Camoni. Barricata #1, 2016. Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024. Courtesy C. Camoni; SpazioA, Pistoia; Pirelli HangarBicocca, Milano. © Agostino Osio.

Chiara Camoni. I Tre Serpenti, 2024. (particolare). Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024. Prodotto da Pirelli HangarBicocca. Courtesy C. Camoni; SpazioA, Pistoia; Pirelli HangarBicocca, Milano. © Agostino Osio.

Chiara Camoni. Sister #04, 2021 (particolare). Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024. Collezione 54, Milano. Courtesy C. Camoni; SpazioA, Pistoia; Pirelli HangarBicocca, Milano. © Agostino Osio.

Ritratto di Chiara Camoni. © Camilla Maria Santini




