Statunitense, ma profonda conoscitrice dell’Italia e dei suoi artisti, l’eclettica figura di Lola Montes – pittrice, ceramista, regista e designer – ha stabilito un suo atelier in Sicilia. Ha attraversato la regione per recuperarne tecniche, tradizioni e miti. Il suo occhio estraneo al territorio le ha permesso di riconoscere gli elementi fondamentali della propria ricerca, fondendo arte e vita in un connubio inseparabile.
Sei nata a New York, ma sei residente in Sicilia da molti anni e hai numerose amicizie italiane nel mondo dell’arte. Ha compiuto un percorso inverso rispetto a molti artisti – italiani e non – allontanandoti dalla Grande Mela. Cosa ti piace o in che modo ti limita questa condizione di outsider?
Forse il senso di essere una straniera mi dona conforto, distanza e solitudine. In questa distanza posso trovare il mio posto. Sono colpita dalla generalizzata gentilezza e della cortesia degli italiani, specie verso la vita. È parte dell’educazione prendersi cura delle cose e condividere. Inoltre, le persone sono molto orgogliose quando fanno un buon lavoro. La Sicilia ha una filosofia e uno spazio diversi rispetto al resto dell’Italia, qualcosa che mi permette di creare partendo da una conversazione interna, mentre a New York, dove sono nata, avvertivo di partire da un dialogo con l’esterno. Non vorrei mai essere considerata locale in nessun luogo, sorvegliata in ogni mio movimento. Sicuramente da straniera devo capire come funziona tutta la burocrazia (che fa sprecare così tanto tempo), ma in generale le cose funzionano a un livello molto umano. A volte mi manca la familiarità di New York; sembra che lì qualsiasi cosa sia possibile da realizzare: veloce, le transazioni sono dirette e trasparenti. Ma non vorrei mai scambiarne una per l’altra. È una danza tra il nuovo e il vecchio mondo, dove spesso è più facile fare le cose in modo tradizionale perché hai una persona con cui parlare (anziché un robot).

Nella tua pratica artistica, la pittura e la ceramica si alternano, talvolta si intrecciano. Come la ceramica è entrata nella tua vita e perché è diventata indispensabile nella tua esplorazione?
Nel 2018 sono andata in Sicilia per la prima volta e ho iniziato a vivere lì, lavorando all’aperto. Sono influenzata dai luoghi che visito e cerco i vantaggi dell’esporsi a materiali o modi di lavorare diversi, specie con gli artigiani. Ho iniziato a lavorare in una fornace e a fare piastrelle. Penso che dipingere su ceramica sia un’estensione dei miei acquerelli. C’è un elemento liquido nel disegnare sulle piastrelle che è molto simile a disegnare su carta, anche se è una superficie dura. La mia pittura è sempre nata dal disegno. Ben presto il disegno ad acquerello su carta è diventato il disegnare su ceramica. È per me interessante affrontare questa nuova superficie e tecnica in cui il disegno viene cotto e i colori cambiano: ti trovi a rispondere a queste variabili così che la tipologia e la qualità del materiale influiscono e cambiano l’aspetto del lavoro. Per me lavorare con questo processo ha significato aprire nuove opportunità, vedere nuovi tipi di dipinti. Così il mio disegno prende forma su forme. Sto sperimentando il disegno nella pittura attraverso il disegno su riquadri ceramici, che hanno un corpo fisico e sono oggetti unici.

Qual è il risultato finale?
È una relazione con altre persone che hanno lavorato questo materiale in passato, che siano azulejos portoghesi fuori dalle chiese a Lisbona o porcellana di Delft nei Paesi Bassi; Luca della Robbia che realizza rilievi murali o Lucio Fontana che ha sperimentato la scultura ceramica in modo molto singolare. Tutte queste connessioni diventano fonti che entrano in gioco. E così sto affrontando la mia strada e mi sorprendo nel fare cose che non avrei mai pensato di fare. Sembra essere un modo per avvicinarsi alla pittura: un ibrido della mia idea di disegno e pittura, specie ripensando a come il disegno sia incorporato nella superficie diventando indivisibile dalla materia stessa, a differenza della pittura su tela. Per me, tutto ciò che faccio apre a qualcos’altro che creo e ne è parte. Dicono che l’arte sia una pratica: io sto praticando. È un risultato del mio passato e del luogo in cui mi sono trovata, con i materiali che ho trovato intorno a me.

La funzionalità e il design del prodotto sono due aspetti fondamentali della storia della ceramica e delle sue applicazioni. Sembra che tu voglia mantenere la connotazione funzionale in molti dei tuoi lavori. Come nasce questo desiderio di usabilità e perché ti interessa?
La funzionalità di questi oggetti nasce da un’esigenza: ho realizzato candelabri perché avevo bisogno di luce, per illuminare un tavolo all’aperto circondato dall’oscurità. Poi cercavo un vassoio per portare fuori l’espresso dopo pranzo, così ho fatto un vassoio. Poi una brocca per acqua o fiori. Calici. Sgabelli per sedersi all’aperto, in cemento con intarsi di superfici ceramiche resistenti alle intemperie, quindi eterni. Un portaincenso per bruciare cose e così via: è l’arte della necessità. Sicuramente considero questi pezzi scultura, poiché sono tutti unici e non possono essere replicati perché colori, smalti e argilla sono fatti a mano, nessuno è uguale all’altro. E così sono interconnessi e appartengono al loro proprio universo.

Two Eggs lamp Angel protection, terracotta dipinta a mano. Courtesy Nilufar, ph. Filippo Pincolini

Penitenza, bassorilievo in ceramica dipinta a mano montato su supporto d’acciaio, pezzo unico. Courtesy Nilufar, ph. Filippo Pincolini

Vai via, bassorilievo in ceramica dipinta a mano montato su supporto d’acciaio, pezzo unico. Courtesy Nilufar, ph. Filippo Pincolini

Guardia del corpo, bassorilievo in ceramica dipinta a mano montato su supporto d’acciaio, pezzo unico. Courtesy Nilufar, ph. Filippo Pincolini

Candelabri Carciofo, ceramica scolpita e dipinta a mano, pezzi unici. Courtesy Nilufar, ph. Alessandro Sala Cesura

Tre Candelabri Carciofo, ceramica scolpita e dipinta a mano, pezzi unici. Courtesy Nilufar, ph. Filippo Pincolini

Candelabri Carciofo, ceramica scolpita e dipinta a mano, pezzi unici. Courtesy Nilufar, ph. Alessandro Sala Cesura

Candelabri Carciofo, ceramica scolpita e dipinta a mano, pezzi unici. Courtesy Nilufar, ph. Filippo Pincolini

Sgabello, cemento e inserto in ceramica dipinta a mano. Courtesy Nilufar, ph. Filippo Pincolini

Brocca, ceramica dipinta, pezzo unico. Courtesy Nilufar, ph. Filippo Pincolini

Ricostruzione, ceramica dipinta su un’antica formella barocca. Courtesy Nilufar, ph. Filippo Pincolini

Ritratto di Lola Montes Schnabel. Courtesy Nilufar, ph. Alex Majoli











