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Giulio Saverio Rossi. Terre di luce

di Irene Biolchini

Moltissime sono le terre di cui si parla in questo numero: terre rare, emerse, franate, scavate. Ma anche terre come territori, luoghi di appartenenza, luoghi del sentire. Cercando di non fornire risposte, ma spostando e allargando le domande, abbiamo incontrato Giulio Saverio Rossi, (pittore, classe 1988) che da diversi anni indaga proprio i confini tra materia e immagine, tra rappresentazione e fruizione. Recuperando un’antica domanda – se un albero cade in una foresta e nessuno è nei paraggi per sentirlo, emette un suono? – potremmo domandarci: se un’opera si illumina la notte – quando il museo è chiuso, quando non c’è nessuno spettatore – emette una luce? Quando guardiamo un’opera, quando le siamo davanti, quanto siamo disposti a farci “illuminare” da quell’incontro? Quanto siamo abituati a esperire direttamente e non più attraverso la luminosità dello schermo? Per provare a districarci in questa foresta di interrogativi abbiamo incontrato l’artista, tentando di recuperare il suono delle sue ricerche e la vibrazione delle sue opere.

Il Giardino di notte, 2021, terre rare fosforescenti, pigmenti, olio, colla di coniglio e resina dammar su lino, cotone, cartone e legno, dimensioni ambientali, courtesy l’artista e Casa Masaccio, Opera selezionata dall’avviso pubblico Cantica21. Italian Contemporary Art Everywhere | Sezione Under 35 (MAECI-DGSP/MiC-DGCC)

Ti chiederei di descrivere le terre che hai deciso di utilizzare. Come è arrivata per te la decisione di lavorare con questi materiali? Quale era l’effetto che speravi di ottenere?

Il mio primo interesse per le terre rare è nato dalla fascinazione suscitata dal loro nome, il suono mi era rimasto impresso come qualcosa di estremamente ricercato, quasi introvabile, che tuttavia rimandava contemporaneamente anche al suo esatto opposto, alla terra, e da qui il legame con il mondo dei pigmenti, dove effettivamente i nomi giocano un ruolo centrale, basti pensare all’oltremare, alla mummia e al sangue di drago per citare alcuni dei più evocativi. Non sapevo come, e se, avrei potuto usare questi materiali, e dopo una prima idea abbozzata, in cui avrei ottenuto le terre rare riciclandole dai vari dispositivi tecnologici in cui sono utilizzati, attivando una pratica inversa rispetto a quella produttiva, ho deciso di concentrarmi sull’Europio, il minerale delle terre rare impiegato nello sviluppo degli schermi e nei sistemi di retroilluminazione, da cui si ricavano pigmenti fosforescenti.

Il Giardino di notte, 2021, terre rare fosforescenti, pigmenti, olio, colla di coniglio e resina dammar su lino, cotone, cartone e legno, dimensioni ambientali, courtesy l’artista e Casa Masaccio, Opera selezionata dall’avviso pubblico Cantica21. Italian Contemporary Art Everywhere | Sezione Under 35 (MAECI-DGSP/MiC-DGCC) Foto di Sebastiano Pellion Di Persano

Sono da sempre interessato al ripensamento dei confini del linguaggio pittorico e al tentativo di elaborarne una critica a partire dall’analisi dei suoi parametri, in cui uno degli aspetti centrali è la relazione con la luce. Si tratta di un tema che per molti secoli è stato centrale e implica, per estensione, il legame tra opera e luogo. Poter usare l’Europio e la sua fosforescenza ha indirizzato la mia ricerca sul dualismo tra schermo e tela, inteso come dualismo tra luce portata e luce propria, in un intreccio tra dimensione pittorica e tecnologica.

L’effetto che volevo ottenere era quello di ricercare un rapporto con l’opera che fosse associabile al nostro modo di usare le nuove tecnologie, riferendomi in particolare a quando usiamo uno smartphone al buio prima di dormire o appena svegli, iscrivendolo così nel nostro ritmo biologico e nel nostro inconscio. Da qui, l’idea di sfruttare la fosforescenza per far apparire una flora notturna, richiamandomi ai giardini orientali dove le piante sono concepite per sbocciare di notte. Contemporaneamente volevo sottolineare la relazione tra terre rare e paesaggio, in quanto questi materiali si pongono oggi al centro di politiche estrattive sempre più invasive.

Il Giardino di notte, 2021, terre rare fosforescenti, pigmenti, olio, colla di coniglio e resina dammar su lino, cotone, cartone e legno, dimensioni ambientali, courtesy l’artista e Casa Masaccio, Opera selezionata dall’avviso pubblico Cantica21. Italian Contemporary Art Everywhere | Sezione Under 35 (MAECI-DGSP/MiC-DGCC)

Nell’opera Il giardino di notte la variazione della luce ambientale trasforma la scala di grigi con cui sono dipinte le superfici in uno scenario di una flora luminosa, secondo un processo in cui l’opacità dei pigmenti si converte in fosforescenza, ossia in una materia portatrice della propria luce. Da questo punto di vista l’opera è particolarmente felice perché sfrutta, in chiave analogica, lo stesso meccanismo che, nelle nuove tecnologie, presiede all’illuminazione dei nostri schermi, generando un’opera che oscilla tra due regimi luminosi opposti: luce ambientale e luce fosforescente.

Le tele si presentano come presenze fantasmagoriche sia nella loro traccia-ombra in condizioni di luce diurna, sia nell’apparizione momentanea al buio. Quanto è importante per te il fantasma dell’immagine e come si sposa a questo materiale?

Il fantasma ha un ruolo centrale nel mio lavoro e in particolare in questo contesto, perché si pone come punto di convergenza tra immagine e luce. La parola stessa rimanda a una serie di significati che nascono dalle radici semantiche di eidos (idea, immagine, simulacro) e phos (luce, fantasma), indicando ora una convergenza e ora una conflittualità. Nel mio lavoro questi concetti arrivano non tanto per via della definizione platonica da un lato e aristotelica dall’altro, quanto piuttosto dal loro uso durante il periodo del pre-cinema in dispositivi ottici e messe in scena teatrali come nell’Eidophusikon di de Loutherbourg e nella Phantasmagoria di Robertson. Il primo consisteva in un teatro delle cose naturali e il secondo in una messa in scena durante la quale il teatro diveniva uno spazio per l’evocazione di fantasmi di personalità celebri. Il mio lavoro si iscrive lungo questa linea, ereditando e riattivando le poetiche di una meccanica della visione, che poneva al proprio centro la realizzazione di ambienti immersivi.

È importante notare come queste pratiche, non trovando collocazione nel mondo dell’arte, siano state declassate ad intrattenimento e viste come momenti di passaggio, successivamente risolte dall’avvento del cinema.

Il Giardino di notte, 2021, terre rare fosforescenti, pigmenti, olio, colla di coniglio e resina dammar su lino, cotone, cartone e legno, dimensioni ambientali, courtesy l’artista e Casa Masaccio, Opera selezionata dall’avviso pubblico Cantica21. Italian Contemporary Art Everywhere | Sezione Under 35 (MAECI-DGSP/MiC-DGCC) Foto di Sebastiano Pellion Di Persano

Nelle varie occasioni in cui ho esposto il lavoro ho percepito una predilezione per la sua versione notturna fosforescente. In realtà, come sottolinei nella domanda, anche la versione con la luce ambientale è assolutamente spettrale, si tratta di lavori in scala di grigio/verde, cromie esangui e tenui, in cui non si riconosce né una chiara volontà di andare verso l’astrazione pura, né l’emergere di figure. L’idea era, infatti, quella di realizzare dei quadri in assoluto stallo, in perenne attesa, in qualche modo simili a delle tele vuote. Nella versione con la luce ambientale ciò che emerge maggiormente è la configurazione generale dell’opera e non il singolo elemento. L’allestimento si compone di due tele messe fuori baricentro l’una rispetto all’altra, una tela appoggiata su di una sedia, due rotoli di tela agli angoli della stanza, uno straccio e un camice da lavoro.

Rimanda volutamente allo studio di un artista, un riferimento che nasceva sia in dialogo con la destinazione finale dell’opera, cioè il centro d’arte Casa Masaccio a San Giovanni Valdarno, sia in riferimento a Masaccio stesso e al fratello Lo Scheggia, che sono nati in questo luogo e lo hanno abitato. Il fruitore si trova così di fronte ad un luogo di produzione, una pantomima dello studio di un artista, dove tutto è pronto per essere dipinto, ma manca però qualcuno che vi lavori. La produzione è invece affidata all’azione dell’Europio e al suo manifestarsi col buio, rimandando ad un’ultima riflessione sulla parola fantasma. La fa Karl Marx, in relazione proprio ai dispositivi ottici, secondo cui la trasformazione da oggetto d’uso a merce avviene plasticamente come forma di intrattenimento di fronte ai nostri occhi, esattamente come nell’opera si può assistere alla graduale emersione della fosforescenza sulle superfici dipinte. Da qui l’ultimo significato presente nel mio lavoro – e il più attuale – è quello sulla relazione tra museo, opera e fruizione.

Il giardino di notte nasce per essere destinato a una collezione museale e, conseguentemente, per attivarsi durante l’orario notturno, che coincide con quello di chiusura del museo. L’opera trova la sua funzionalità esercitando la propria fantasmagoria, anche in assenza di osservatori esterni, attivando l’idea di un’opera auto-generativa che abita lo spazio, indipendentemente dalla presenza delle persone, dal suo collocamento e dalla sua osservazione.

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Il Giardino di notte, 2021, terre rare fosforescenti, pigmenti, olio, colla di coniglio e resina dammar su lino, cotone, cartone e legno, dimensioni ambientali, courtesy G. S. Rossi e Casa Masaccio, Opera selezionata dall’avviso pubblico Cantica21. Italian Contemporary Art Everywhere | Sezione Und...

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Il Giardino di notte, 2021, terre rare fosforescenti, pigmenti, olio, colla di coniglio e resina dammar su lino, cotone, cartone e legno, dimensioni ambientali, courtesy G. S. Rossi e Casa Masaccio, Opera selezionata dall’avviso pubblico Cantica21. Italian Contemporary Art Everywhere | Sezione Und...

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Il Giardino di notte, 2021, terre rare fosforescenti, pigmenti, olio, colla di coniglio e resina dammar su lino, cotone, cartone e legno, dimensioni ambientali, courtesy G. S. Rossi e Casa Masaccio, Opera selezionata dall’avviso pubblico Cantica21. Italian Contemporary Art Everywhere | Sezione Und...

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Il Giardino di notte, 2021, terre rare fosforescenti, pigmenti, olio, colla di coniglio e resina dammar su lino, cotone, cartone e legno, dimensioni ambientali, courtesy G. S. Rossi e Casa Masaccio, Opera selezionata dall’avviso pubblico Cantica21. Italian Contemporary Art Everywhere | Sezione Und...

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