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Il silenzio delle foreste

di Antonella Galli

Loro sono tra noi. E sono molti più di noi. Tremila miliardi di individui, raggruppati in milioni di comunità, organizzate in vere e proprie nazioni. Ma noi, quasi, non ne avvertiamo la presenza. Loro – gli alberi – nelle loro comunità – le foreste – vivono, crescono, muoiono, si rigenerano in silenzio. Mai come ora, però, siamo consapevoli di non poterne fare a meno. Non solo per l’economia, non solo per le costruzioni, non solo per il turismo. Per la nostra sopravvivenza come specie.

humus® ha raccolto in questo numero le testimonianze di coloro che studiano le foreste, se ne prendono cura, le ascoltano, le osservano. Come lo scienziato Giorgio Vacchiano, specialista in gestione forestale, che afferma che i boschi “sono luoghi di connessione” e che lavorare sul bosco “è un modo di ricucire legami”. Nel suo saggio ‘Le otto foreste’, nella sezione Focus on, illustra ai lettori di humus perché loro – gli alberi – possono stare senza di noi, ma noi non possiamo stare senza di loro. E porta otto esempi virtuosi di gestione consapevole delle foreste, otto esperienze concrete che hanno migliorato la loro – e la nostra – vita.

Anche l’architettura si sta aprendo a un rapporto sempre più dialogante con le foreste: abitare nel bosco, o accanto al bosco, è una modalità su cui hanno lavorato gli architetti dello Studio Noa, elaborando scelte strutturali e stilistiche di grande interesse. Viceversa, portare il bosco nelle città è il tema affrontato dalla paesaggista francese Catherine Mosbach, come dimostrano i suoi progetti per il Jardin Botanique di Bordeaux o il Phase Shifts Park di Taiwan. Il dialogo tra paesaggio urbano e alberi è stato indagato già negli anni Settanta dall’architetto Cesare Leonardi, che insieme a Franca Stagi ha lasciato un’eredità preziosa, il manuale L’architettura degli alberi (Lazy Dog, 2018): humus® ha seguito le tracce dei due progettisti per cercare di comprenderne meglio la visione.

humus® ha incontrato anche Haley Mellin, l’artista paladina delle foreste che ha fondato Art into Acres, un progetto grazie a cui già 30 milioni di ettari di foresta vergine sono stati salvati. Mellin realizza disegni e dipinti dentro alle più antiche foreste del mondo: in Amazzonia, in Guatemala, negli Usa. Le ritrae nei dettagli, nelle atmosfere, cercando, come in una meditazione, di identificarsi con quei luoghi potenti e magici. Ma non è l’unica: molte sono le voci di coloro, tra artisti, designer, ricercatori, che nei boschi trovano ispirazione e che scelgono di prendersene cura, come l’artista Federico Tosi, i designer che recuperano gli alberi abbattuti dalla tempesta Vaia, le scolaresche che, grazie all’iniziativa ‘Semi di futuro’, coltivano e ripiantano nel Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano gli alberi più adatti a sopportare il cambiamento climatico.

Mettersi in ascolto dei boschi, preservarli, prendere ispirazione per costruire comunità più solidali e resilienti: sono i semi che questo terzo numero humus vuole gettare. Invitando a riscoprire la loro inarrestabile e silente vitalità, sulle orme di Ettore Sottsass che, in Di chi sono le case vuote? (Adelphi 2021), racconta un’esperienza quasi mistica tra i boschi della sua infanzia: “Nei giorni di quelle estati lontane il bosco piano piano si allargava, i suoi confini si allontanavano… Mi accorgevo che era sempre più abitato da apparizioni improvvise, splendenti come le stelle che cadono dal cielo… Il buio profumato di quella foresta era la scena di un interminabile spettacolo, fatto di eventi inaspettati, di eventi esplosivi, di combinazioni impreviste, di logiche inarrivabili, e lì dentro io sparivo”.

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