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La ‘super-competenza’: saper vivere tra molte culture

di Agostino Portera

Il mondo che abitiamo è radicalmente cambiato. Nel XXI secolo la vita si snoda in un mondo multiculturale interconnesso, diversificato e in rapida evoluzione, laddove emergenti forze economiche, digitali, culturali, demografiche e ambientali determinano l’esistenza umana, aumentando incontri e scontri, rischi e opportunità. La mobilità aumenta, anche in forza delle crescenti discrepanze tra i Paesi ricchi e poveri, persistenti regimi dittatoriali, violenze, guerre e deportazioni in varie parti del mondo. D’altro canto, in molte nazioni industrializzate i bassi tassi di natalità e la crescente domanda di servizi e risorse umane fungono da forte attrazione all’arrivo di nuove persone. Perciò le migrazioni da elemento di rischio divengono risorse e opportunità; da fenomeno transitorio e marginale costituiscono uno dei più significativi e stanziali aspetti che modificano le società sul piano strutturale e sistemico.

Alejandro Cegarra, Messico, 2023. Un uomo, non potendosi affidare a un trafficante, viaggia sopra a un treno merci per gli Stati Uniti

Il neoliberalismo e le influenze sull’architettura

Dopo le necessarie riforme liberali che hanno giustamente decretato la fine di forme di governo autoritarie e oppressive, oggi nei Paesi industrializzati viviamo una fase definita ‘del neoliberalismo’. Come ho ampiamente illustrato nel volume Educazione e pedagogia interculturale (Il Mulino, 2022), la cultura del neoliberismo pare sempre più promuovere istituzioni, burocrazie e modi di vita deumanizzanti: le leggi e i regolamenti risultano sempre meno comprensibili, i cittadini si percepiscono come nemici, si temono e si allontanano, mentre il senso di comunità e il valore dell’amicizia vanno scemando.

Tali mutamenti influenzano anche il settore dell’architettura. Da un rapido sguardo allo sviluppo delle città, osservando i cambiamenti architettonici, Zygmunt Baumann (Fiducia e paura nelle città, Bruno Mondadori, 2005) indica una forte tendenza a porre barriere comunicative. Anche in città globali come Londra o New York si registra un aumento della tendenza a segregare ed escludere tramite spazi di case, piazze, quartieri delimitati da barriere, muri, filo spinato, vigilantes, spruzzatori installati sui muri ‘utili a levare di torno i vagabondi’, bordi inclinati che impediscono di sedersi. Diminuiscono spazi di aggregazione, si cementificano sempre più spazi verdi e si restringono maggiormente quelli vitali.

Chien-Chi Chang, United States, 1998. Un uomo, da poco emigrato a New York, mangia tagliatelle su una scala antincendio © Chien-Chi Chang / Magnum Photos

I paradossi di un mondo iperconnesso

Nella stagione del pluralismo e della comunicazione si palesa un forte paradosso: nonostante l’aumento delle opportunità gli esseri umani si trovano a essere sempre più soli e incapaci di comunicare.

Tali mutamenti influiscono anche sul piano dell’identità personale. Mentre un tempo la vita di ogni persona era scandita da precise tappe, regole e divieti dettati dalla tradizione, dalla religione o dallo Stato, oggi l’identità diventa il frutto di costanti scelte soggettive. Il sociologo tedesco Ulrich Beck nel suo volume La società del rischio (Carocci editore, 2000) parla di «biografie della scelta e del fai da te» che, a seconda delle decisioni del singolo, possono tramutarsi in «biografie del successo» o «biografie del rischio». Si assiste a un lavoro di assemblaggio o patchwork, laddove i singoli componenti o standard culturali non sempre si armonizzano con quelli acquisiti precedentemente. Spesso l’incertezza e i principi dell’esteriorità (l’apparire) e del cambiamento (flessibilità, duttilità) sovrastano le componenti vicine all’interiorità, mettendo a rischio la stessa resilienza psicologica.

In sintesi, il XX secolo ci ha lasciato in eredità molte opportunità, ma anche tante insidie. Le prime fanno riferimento ai progressi nella conoscenza scientifica e tecnologica, conquiste che hanno migliorato la qualità di vita nell’Occidente. Le seconde richiamano i nuovi rischi.

Eva Besnyö, Usa, 1938. Il viaggio inaugurale della nave a vapore Nieuw Amsterdam. I passeggeri guardano dal ponte un traghetto che si sta avvicinando. © Maria Austria Instituut

La risposta: cominciare dall’educazione

Questa analisi rende evidente come tutti i cittadini della terra necessitano di acquisire elementi adeguati alla comprensione delle situazioni modificate. Diviene urgente imparare a gestire in maniera preparata i rischi e le opportunità connessi con i mutamenti radicali in atto. Come elemento precipuo a tale preparazione sempre più studiosi individuano un inderogabile bisogno di educazione, nonché l’acquisizione di competenze interculturali. .

Per uscire dalla crisi è, quindi, indispensabile investire nell’educazione, nella pedagogia e nella cultura. Come ho scritto nel Manuale di pedagogia interculturale (Laterza, 2013, 2020), “più che in ogni altra epoca storica, oggi è necessario e urgente riscoprire la cultura e recuperare il suo secolare valore quale «bene più prezioso» a disposizione delle donne e degli uomini. Occorre risvegliare e promuovere l’amore per il sapere e per la conoscenza. In passato il sapere e la conoscenza erano alquanto condivisi: il problema era la divulgazione (e l’accesso). Oggi, nel tempo di internet e del pluralismo culturale, è necessario saper scegliere.”

Oltre l’ONU e l’Unesco, fra le istituzioni maggiormente impegnate per la promozione di educazione e competenze interculturali troviamo il Consiglio D’Europa (in particolare, il White Paper on Intercultural Dialogue: Living together as equals in dignity; e il report Living together – Combining diversity and freedom in 21st‑century Europe).

Guy Le Querrec, Germania Ovest, 1989. Tre persone si abbracciano tra la folla che celebra la caduta del muro di Berlino. © Magnum Photos

Perché è utile accogliere la diversità

Se nel mondo del lavoro impieghiamo il concetto di educazione inteso come educere (tirar fuori), sarà necessario riuscire a tirar fuori tutto il meglio della persona. Nel settore dell’architettura si tratta di concepire spazi e luoghi non solo improntati al concetto di bellezza, ma anche al ‘ben-essere’, al piacere di stare assieme, alla condivisione al bisogno di comunità.Si tratta di progettare e abitare luoghi che consentano di valorizzare tutto ciò che è presente sia in termini di esperienze positive pregresse, sia e soprattutto come potenzialità, attitudini e intelligenze da sviluppare. Includere elementi di educazione alla diversità aiuterebbe a promuovere il processo di socializzazione. Sarà basilare coniugare legittimi principi economici (utile, efficacia ed efficienza) con quelli educativi: attenzione alle persone, comunicazione e relazioni.

Haywood Magee. Migranti caraibici appena arrivati a Victoria Station a Londra dopo il viaggio dal porto di Southampton, 1956. © Haywood Magee / Getty Images

Il dinamismo non è un rischio

Nel tempo delle società multiculturali, la pedagogia più idonea è quella coniugata in termini interculturali, secondo la quale concetti come ‘identità’ e ‘cultura’ sono intesi in maniera dinamica, in continua evoluzione. Grazie all’acquisizione di competenze interculturali, l’alterità, l’emigrazione e la vita in società multiculturali potranno generare opportunità di arricchimento e crescita personale e collettiva.

L’approccio interculturale si rivela come possibilità di incontro rispettoso e paritetico, senza la costrizione per i soggetti coinvolti a rinunciare a parti significative della propria identità. In architettura indica un modello da seguire per gestire al meglio le sfide del mondo che cambia.

Bibliografia

Cristina Balloi, La diversità nei luoghi di lavoro. Modelli, approcci e competenza pedagogica interculturale per il Diversity Management. FrancoAngeli, 2022

Agostino Portera, Educazione e pedagogia interculturale. Il Mulino, 2022

Zygmunt Bauman. e Agostino Portera, Education and Intercultural Identity. Routledge, 2021

Competenze interculturali e successo formativo, a cura di Agostino Portera e Marta Milani, ETS, 2019

*Le fotografie che accompagnano il saggio di Agostino Portera sono parte della mostra permanente The Family of Migrants, allestita al Fenix Museum di Rotterdam, un complesso inaugurato il 16 maggio 2025, progettato da MAD Architects e dedicato al tema delle migrazioni. La mostra, curata da Hanneke Mantel, riunisce quasi 200 fotografie di 136 fotografi in 55 Paesi dal 1905 ad oggi. Sono immagini documentarie, ritratti, foto d’archivio, di reportage giornalistici o di collezioni museali. I temi esplorati includono la famiglia, l’amore, il pericolo del viaggio e i saluti d’addio.

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Alejandro Cegarra, Messico, 2023. Un uomo, non potendosi affidare a un trafficante, viaggia sopra a un treno merci per gli Stati Uniti

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Chien-Chi Chang, United States, 1998. Un uomo, da poco emigrato a New York, mangia tagliatelle su una scala antincendio © Chien-Chi Chang / Magnum Photos

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Eva Besnyö, Usa, 1938. Il viaggio inaugurale della nave a vapore Nieuw Amsterdam. I passeggeri guardano dal ponte un traghetto che si sta avvicinando. © Maria Austria Instituut

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Guy Le Querrec, Germania Ovest, 1989. Tre persone si abbracciano tra la folla che celebra la caduta del muro di Berlino. © Magnum Photos

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Haywood Magee. Migranti caraibici appena arrivati a Victoria Station a Londra dopo il viaggio dal porto di Southampton, 1956. © Haywood Magee / Getty Images

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Agostino Portera

È professore ordinario di Pedagogia generale e interculturale, direttore del Centro Studi Interculturali e direttore del Master Intercultural Competence and Management all’Università di Verona. Ha conseguito il dottorato in educazione interculturale all’Università di Friburgo (Germania). Ha pubblicato undici libri e numerosi articoli su immigrazione, identità, educazione e competenze interculturali. Tra i più recenti, i volumi Educazione e Pedagogia Interculturale, Il Mulino, 2022; Education and Intercultural Identity, Routledge, 2021, con Zygmunt Bauman.

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