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Tommaso Corvi Mora, lo straniero felice

di Irene Biolchini

Tommaso Corvi Mora comincia a lavorare in galleria a Milano nel 1989, a 19 anni, con Claudia Gianferrari, nel suo spazio per l’arte contemporanea. Dopo diverse esperienze in spazi pubblici (Kunstverein di Bonn) e comitati editoriali (Purple Prose), lavora con Esther Schipper nella sua galleria a Colonia, nei primi anni Novanta. Inaugura la galleria Robert Prime con Gregorio Magnani a Londra nel 1995 e nel 2000 apre la sua propria galleria, Corvi-Mora. Dal 2012 espone le sue opere ceramiche in gallerie sia in Inghilterra sia all’estero, continua a gestire la galleria Corvi-Mora e a vivere a Londra.

Che ruolo ha giocato l’essere straniero nella tua pratica e nella tua ricerca?

Quando ho cominciato a muovermi attivamente nel mondo dell’arte, alla fine degli anni Ottanta, ho avuto la fortuna di legarmi a una serie di figure che lavoravano a Colonia e avevano un legame forte con la città. Mi sono accorto immediatamente della grande qualità che la Germania aveva nello sviluppo di una rete pubblica a livello culturale, in generale, e nell’arte contemporanea, più in particolare. Il rapporto con la sfera pubblica e le istituzioni era per me necessario e allora in Italia non c’erano ancora grandi istituzioni con questa vocazione. Forse il solo caso all’epoca era il Centro Pecci di Prato con il PAC a Milano, ma rimanevano casi isolati.

Ho quindi capito che l’unica scelta possibile era il trasferimento: all’inizio ho gravitato soprattutto sulla Germania e su Colonia, allora centro dell’arte contemporanea europea. Una delle esperienze che più mi hanno segnato in quegli anni è stata la collaborazione alla mostra personale di Alighiero Boetti per il Kunstverein di Bonn nel 1992: un progetto straordinario in cui a ogni opera era associato il testo di un grande critico. Poi mi sono spostato a Colonia a lavorare con Esther Schipper e, alla metà degli anni Novanta, è finalmente arrivata la decisione di intraprendere una nuova avventura a Londra.

Vivarium, 2014, veduta della mostra collettiva presso Corvi-Mora, con opere di Glenn Sorensen, Walter Keeler, Julian Stair e Fischli & Weiss

A Londra nasce un progetto con una sua estraneità rispetto al contesto: posso chiederti come è nata questa idea?

Aprire a Londra significava dialogare con un contesto specifico e ad altissimo potenziale: tutti gli artisti con cui volevamo lavorare non avevano alcuna presenza nel circuito istituzionale della città. Abbiamo quindi deciso di lavorare, con qualche incoscienza, in un contesto che era ancora non saturo come mercato di gallerie – pur avendo ottime istituzioni – e soprattutto con degli artisti ancora “stranieri”, in un senso di estraneità rispetto al canone egemonico del momento. Per noi non c’era distinzione tra artisti stranieri o inglesi perché nel 1994-1995 anche gli artisti nati nel territorio nazionale (come Angela Bulloch e Liam Gillick) avevano sviluppato una vita professionale soprattutto nel continente europeo. Quindi anche gli artisti “nazionali” si sono sentiti per lungo tempo stranieri in patria, anche perché il loro lavoro aveva una radice concettuale meno viscerale di altre ricerche centrali al dibattito anglosassone. Abbiamo iniziato sentendoci tutti un gruppo di stranieri, intuendo il potenziale che questa estraneità aveva anche in termini di ricerca.

E in quale modo questo essere straniero è rimasto nella tua pratica da gallerista e, più recentemente, anche nella tua personale ricerca con la ceramica?

Io penso che la condizione di straniero sia una condizione felice perché ti permette di considerare un paesaggio agli altri familiare con uno sguardo nuovo. Si scoprono così pregi e qualità in aspetti o elementi del paesaggio agli altri invisibili, proprio in luce della familiarità che li condiziona. Il mio legame con il modernismo inglese nasce soprattutto da quello: così è nata la voglia di scoprire un mondo, quello dello ‘studio pottery’ (la produzione di ceramiche, funzionali e non, realizzate da professionisti e dilettanti, in piccoli gruppi, ndr.), che a un occhio inglese può sembrare qualcosa di stantio perché troppo noto. All’opposto, per me è un mondo di scoperta esaltante, nel quale ho avuto la fortuna di addentrarmi con la complicità di Julian Stair. Negli ultimi dodici anni questo avvio di ricerca si è consolidato anche nelle ricerche di tanti artisti giovani, che hanno approcci diversi rispetto alla tradizione dello studio pottery, ma da questo ripartono.

Diario, 2023, mostra personale di Tommaso Corvi Mora, veduta dell’installazione, Casa Jorn, Albissola Marina (Savona)

Come si inserisce in questo quadro la tua ricerca creativa con la ceramica – penso, per esempio, alla residenza che hai fatto ad Albissola nel 2023?

Anche Tullio Mazzotti, il padre di una nuova cultura ceramica in terra ligure, era in qualche modo uno straniero: perché univa una progettualità a dei materiali che non sono riconosciuti come ortodossi, riposizionandosi all’interno di un canone. Rispetto al punto di partenza ti risponderei che ormai ho la strana peculiarità di sentirmi “straniero ovunque” perché l’Inghilterra è un posto accogliente, ma non mi sento inglese. Allo stesso modo fatico a sentirmi pienamente italiano, dopo così tanti anni di assenza. Questo mio sentire ha una sua componente straniante che per me è una condizione esistenziale fondamentale. Alla fine, la cosa interessante è che questa condizione trascende l’idea geografica di nazione e diventa una scelta di vita, che inevitabilmente si riflette nella pratica.

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Adam Buick, Landscape Study, 2020 (dettaglio) ceramica in New Areas: Contemporary Ceramics at Walmer Yard, Londra 2023. Buick è uno degli artisti rappresentati dalla galleria Corvi-Mora

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Diario, 2023, mostra personale di Tommaso Corvi Mora, veduta dell’installazione. Museo della Ceramica di Savona

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Verso Nuovi Canoni, ICA Milano, 2019, veduta dell’installazione con opere di Matthew Raw e Tommaso Corvi Mora

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Bethan Lloyd Worthington, Bird feeder 1, after Karen Karnes, 2022, gres smaltato con barbottina, porcellana pario e sovrasmalto, in New Areas: Contemporary Ceramics at Walmer Yard, Londra 2023. Lloyd Worthington è uno degli artisti rappresentati dalla galleria Corvi-Mora

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Gordon Baldwin, (Sky Grey I), 1998, terracotta in New Areas: Contemporary Ceramics at Walmer Yard, Londra 2023. Baldwin è uno degli artisti rappresentati dalla galleria Corvi-Mora

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Julian Stair, Quotidian, 2014, ceramica, marmo veneziano su legno, lino e video. Stair è uno degli artisti rappresentati dalla galleria Corvi-Mora

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Sam Bakewell, Dream-backed, 2024. Bakewell è uno degli artisti rappresentati dalla galleria Corvi-Mora

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Verso Nuovi Canoni, ICA Milano, 2019, veduta dell’installazione con opere di Lubna Chowdhary e Tommaso Corvi Mora

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Ritratto di Tommaso Corvi Mora

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New Areas at Walmer Yard
04 BTL_ìprospective morning
07 UNESCO Virtual Museum of Stolen Cultural Objects @Kéré Architecture (1)

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