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Gli alberi dentro ai libri: il percorso d’arte di Xilogenesi

di Giulia Marani

Fino a pochi mesi fa la figura di Eugenio Trevisan era perduta nelle nebbie della storia. Non si sapeva nulla, neppure il nome, di questo giardiniere di Stra, in Veneto, forse anomalo per i suoi tempi perché colto e cosmopolita, che nella prima metà dell’Ottocento si era occupato per alcuni anni dell’Orto agrario di San Vito di Cadore. In quel luogo meraviglioso, tra le Dolomiti bellunesi, aveva realizzato una curiosa collezione di libri in legno, oggi di proprietà dell’Università di Padova.

La sua Xiloteca (dal greco “xylon”, legno) era, in origine, composta da cento volumi: piccoli scrigni a due ante alti 19 centimetri e larghi 12, con uno spessore di 3 centimetri e mezzo, scolpiti con grande maestria e dedicati ognuno a una diversa specie di albero, la cui corteccia serviva anche a ricoprire il dorso del libro. Al loro interno i libri erano attrezzati con cassetti per custodire campioni prelevati dalla pianta:Un rametto, a cui si aggiunge una sezione trasversale, un semenzale, cioè la piantina piccola, il fiore, la radice, anche in questo caso con una sezione trasversale, un blocchetto di legno per l’utilizzo tecnico” spiega il professor Tommaso Anfodillo, coordinatore del Centro Studi per l’Ambiente Alpino Lucio Susmel del dipartimento Tesaf (Territorio e Sistemi Agro-Forestali) dell’Università di Padova a San Vito del Cadore. “E poi troviamo dei contenitori: uno contiene i semi, un altro la segatura, il terzo contiene la cenere, che si ottiene dalla combustione, ed è affiancato da un pezzettino di carbone. Tutte queste parti vengono indicate in un fogliettino conservato al centro di ogni libro, dove si trova la descrizione delle caratteristiche della specie: per esempio, per l’abete bianco, ‘albero sempreverde di legno di qualità’”.

Il contenuto di uno dei ‘libri’ della Xiloteca di Eugenio Trevisan. Il nome dell’autore è stato scoperto di recente grazie a una ricerca archivistica. Courtesy progetto Xilogenesi

Solo cinquantasei esemplari sono arrivati fino a noi, e giacevano, anche loro un po’ nascosti, nonostante il grande valore storico e documentario, all’interno del Centro Studi diretto dal professor Anfodillo, fino al momento in cui un progetto, attivato grazie al bando Borghi del ministero della Cultura e portato avanti da una rete territoriale di istituzioni ed enti locali, ha permesso di restaurarli e valorizzarli. La prima fase di Xilogenesi – questo il nome dell’operazione, lo stesso che indica il processo biologico attraverso il quale il legno dà vita a nuove cellule – ha coinciso con il riportare i libri al loro antico splendore, grazie a un intervento di restauro conservativo terminato nel maggio di quest’anno. La seconda fase ha portato alla creazione di opere d’arte ispirate ai libri lignei di Trevisan e firmate da artisti selezionati da Dolomiti Contemporanee, laboratorio artistico e culturale che opera per trasformare le Dolomiti, Patrimonio Unesco, in un territorio di ricerca del contemporaneo. Il risultato sono tre installazioni realizzate con materiali differenti da David Casini, Kristian Sturi e Giuseppe Vigolo e quarantaquattro disegni in formato A4 frutto del lavoro di altrettanti creativi sotto la guida di Ariele Bacchetti, raccolti in una custodia in cirmolo fabbricata dagli studenti del Liceo Artistico di Cortina d’Ampezzo.

Questi lavori, insieme a quattro dei libri in legno originali di Eugenio Trevisan, sono stati mostrati al pubblico nell’ambito di tre mostre organizzate nel 2025 rispettivamente a Borca di Cadore (nel mese di giugno), a Perarolo di Cadore (ad agosto) e al museo dell’Orto Botanico di Padova (visitabile fino al 6 gennaio 2026). “La localizzazione geografica delle esposizioni segue un criterio preciso” chiarisce Anfodillo. “Siamo scesi dal cuore delle Dolomiti verso il fondovalle e poi la pianura ripercorrendo simbolicamente il percorso del legname, per secoli una delle industrie più fiorenti della zona. A Perarolo i tronchi venivano raccolti nel famoso cidolo, una chiusa artificiale sul Piave, e poi smistati. La destinazione finale era Venezia, dove si faceva largo uso di legno, per esempio in Arsenale”.

Uno scatto dell’opening della mostra a Perarolo di Cadore. Il luogo è simbolico perché è qui che i tronchi provenienti dalle Dolomiti venivano smistati, e oggi ospita il Museo del Cidolo e del Legname, ph. Teresa De Toni

Affascinante come un erbario antico, la Xiloteca di Trevisan è anche una finestra aperta sul modo in cui l’uomo percepiva e rappresentava la diversità vegetale quasi due secoli fa. “A quei tempi molte specie non erano ancora conosciute e si cominciava a commercializzare le diverse essenze di legno; perciò, una classificazione di questo tipo aveva una grande utilità pratica, oltre che culturale. Oggi abbiamo tanti altri metodi per indagare la biodiversità e questa collezione ha per noi soprattutto un interesse storico. Può darci, però, ancora informazioni utili sul piano scientifico: avendo datato certi libri, per esempio, possiamo renderci conto di come crescevano le piante allora, rispetto all’accrescimento che hanno oggi” conclude il docente.

Le informazioni su Eugenio Trevisan, sulla Xiloteca e sul suo restauro, sul progetto Xilogenesi sono raccolte nel sito xilogenesi.net

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Il contenuto di uno dei ‘libri’ della Xiloteca di Eugenio Trevisan. Il nome dell’autore è stato scoperto di recente grazie a una ricerca archivistica. Courtesy progetto Xilogenesi

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Il contenuto di uno dei ‘libri’ della Xiloteca di Eugenio Trevisan: campioni di rami, fiori, radici, legno e altre parti della pianta, ph. Teresa De Toni

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Uno dei volumi di Eugenio Trevisan, risalente alla metà dell’Ottocento. Realizzati con perizia artigianale e artistica, i libri descrivono ogni specie fin nei dettagli più minuti. Courtesy progetto Xilogenesi

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I dorsi di alcuni volumi della Xiloteca, ricoperti con la corteccia dell’albero del quale racchiudono i campioni. Ognuno riporta il nome in latino e il nome scientifico della specie. Courtesy progetto Xilogenesi

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Una fase del restauro della Xiloteca, completato a maggio 2025. I libri sono stati trasferiti in laboratorio per l’esecuzione del trattamento anossico e degli altri interventi e riconsegnati al Centro Studi Ambiente Alpino del dipartimento Tesaf, ph. Teresa De Toni

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Uno scatto dell’opening della mostra a Perarolo di Cadore. Il luogo è simbolico perché è qui che i tronchi provenienti dalle Dolomiti venivano smistati, e oggi ospita il Museo del Cidolo e del Legname, ph. Teresa De Toni

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L’installazione in ceramica dell’artista Kristian Sturi nella serra di Palazzo Lazzaris a Perarolo di Cadore. Gli artisti coinvolti fanno parte della rete di Dolomiti Contemporanee, attiva anche nel recupero di siti abbandonati attraverso l’arte, ph. Teresa De Toni

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L’installazione di David Casini. Gli artisti hanno reinterpretato in modi diversi il lavoro di Eugenio Trevisan. All’interno dello scrigno di legno, Casini ha rappresentato il proprio laboratorio e gli strumenti che usa, ph. Teresa De Toni

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L’interpretazione di Giuseppe Vigolo nella serra di Palazzo Lazzaris a Perarolo di Cadore, ph. Teresa De Toni

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L’interpretazione di Giuseppe Vigolo nella serra di Palazzo Lazzaris a Perarolo di Cadore, ph. Teresa De Toni

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