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Federico Tosi: la Natura non ci aspetterà

di Irene Biolchini

C’è una parte della ricerca di Federico Tosi, artista milanese classe 1988, che ruota attorno a figure che evocano una ribellione silenziosa ma profonda: elementi naturali che diventano simboli di resistenza e trasformazione. Non si tratta solo di rappresentazioni del paesaggio, ma di organismi viventi che sembrano sfidare le forme imposte, cercando nuove modalità di crescita e affermazione. C’è in esse un conflitto palpabile: il rischio del fallimento convive con il piacere della libertà ritrovata. Scollegata da vincoli e imposizioni, la Natura diventa voce autonoma, ironica, capace di sovvertire ciò che prima la conteneva. Tra le sue personali più recenti (2024), Falling asleep on a plane, un progetto site-specific per il Morpho Refectory di Anversa, in cui esplora gli stati transizionali della coscienza tra la veglia e il sonno, e Bonsai Riot, alla Galleria Monica De Cardenas di Milano, con sculture di bonsai ribelli, ispirati da un soggiorno nella foresta tropicale di un’isola nelle Filippine. Con Tosi abbiamo parlato di come sia nato il suo legame con la foresta e di come, attraverso la potenza evocativa del mondo naturale, esprima un bisogno profondo di ribellione e cambiamento.

Da alcuni anni viaggi immergendoti nelle foreste incontaminate. Partirei da qui se sei d’accordo: perché questa necessità?

Incontaminato è un aggettivo da usare con prudenza. Se si guarda la mappa dell’isola del Borneo si vede un’enorme distesa verde e si immagina che quella sia la natura incontaminata. Ma, guardando più da vicino, ci si rende conto di quanto tutto appaia geometrico e segmentato, come un enorme reticolato disegnato con verdi chiari in mezzo ai quali sbucano chiazze irregolari di verde più scuro. I reticoli verde chiaro sono sterminate coltivazioni di palme da olio e le piccole macchie irregolari verde scuro sono quel che resta di una delle foreste più antiche del pianeta. Assistere a tutto questo significa comprendere che quella porzione di foresta che ci è concessa oggi è qualcosa di strappato, una riserva recintata del nostro passato da cui poter fingere di ammirare la fauna selvaggia.

Falling asleep on a plane, 2024, resina, audio-speakers, capelli sintetici. Courtesy l’artista, ph. Brent Decraene

In Falling asleep on a plane come è nata la decisione di affidare a una piccola nonna dormiente il suono del temporale in una foresta?

Penso che la Natura sia imprescindibile. Il sistema nel quale siamo inseriti ha teso a surclassare un equilibrio antico in favore di esigenze personali che ci allontanano sempre più dal punto di partenza, pretendendo che la vita di un albero o di una mucca sia in qualche modo meno importante della nostra. Quando si parla di Antropocene si hanno varie idee sul suo inizio; personalmente credo che il punto di origine vada rintracciato quando l’homo sapiens ha iniziato a estinguere altre specie, quindi circa 70.000 anni fa, durante il Paleolitico medio. Da allora è scattato un processo irreversibile di trasformazione e dominio, totalmente inconsapevole, quantomeno inizialmente.

La scultura di questa nonna, che riposa serena ma dal cui interno proviene l’audio di una tempesta che rimbomba in tutta la stanza, vuole in qualche modo raccontare di come l’esterno sia dentro di noi. La mia intenzione in questa piccola scultura vuole tendere a suggerire il sentire di un ricordo antico, una presenza che ha dominato le nostre vite molto più a lungo di quanto non lo stia facendo il vivere contemporaneo. Abbiamo costruito un tetto per proteggerci dalla pioggia, il che non vuol dire che di colpo abbia smesso di piovere.

Nelle tue opere si percepisce un costante senso di minaccia da parte della natura. È qualcosa che si traduce anche nella relazione che hai con la città? Penso per esempio alla città di Vento Forte.

Anni fa, viaggiando nelle Filippine, visitai una bellissima isola che si chiama Palawan e passai alcuni giorni nella cittadina El Nido, la storia del cui nome è interessante: il luogo divenne meta molto amata dai mercanti cinesi nel XIII secolo, i quali scoprirono che sull’isola erano presenti dei nidi di uccello commestibili, considerati afrodisiaci. Nel XIX secolo gli spagnoli invasero l’isola e la nominarono Bacuit, ma quando le Filippine ottennero l’indipendenza, tornarono al nome El Nido, in riferimento al commercio di nidi commestibili. Io pensavo che il nome si riferisse a un luogo sicuro e protetto come un nido: che ingenuo… Era, invece il nome di un conglomerato di abitazioni che viveva della distruzione dei nidi. Ecco, questa storia simboleggia per me la città. Nel 2021, durante la pandemia, mi sono permesso di lavorare a una serie di sculture in terracotta che intitolai Vento Forte. Queste sculture in terracotta raccontavano di un’esplosione che avveniva in un luogo non ben definito e che coinvolgeva i soggetti scolpiti: case, città, un prato, delle lumache, le pizze in un ristorante… I malcapitati soggetti risentivano dell’esplosione più o meno intensamente a seconda della distanza a cui si trovavano. Questa per me è la Natura.

Vento Forte, Città, 2021, terracotta, resina sintetica, colore acrilico e a olio. Courtesy Galleria Monica De Cardenas, ph. Andrea Rossetti

Da ciò deriva, credo, anche il fatto che non è ben chiaro se le tue opere abitino la Preistoria o l’Apocalisse. È in qualche modo collegato ai materiali che scegli e usi, come la terra, ma anche le resine?

Mi interessa collocare il lavoro in questo strano limbo, che per me risuona quasi come una comfort zone: iniziamo ad accettare che il futuro porterà cambiamenti radicali, così come è accaduto che la Preistoria è stata segnata da enormi sconvolgimenti naturali. Ho la sensazione che si sia creata una sorta di ciclicità inconscia nella percezione del tempo, una consapevolezza che il cambiamento è già avvenuto in modo traumatico e questo ripetersi forse non ci spaventa poi troppo. Nel caso dei Bonsai Riot mi piaceva l’idea di associare un albero la cui forma è una forzatura della natura con un materiale che a sua volta non esisteva prima di noi, ossia la plastica. La plastica di base è petrolio, il petrolio proviene dalla non completa decomposizione di resti organici accumulati per milioni di anni. Ci sono organismi marini antichissimi nel materiale con il quale stiamo seppellendo il pianeta. E questo concetto è fondamentale nella mia visione di Preistoria-Apocalisse. La finzione narrativa parte dalla commistione di terracotta e plastica; il vaso e il tronco sono realizzati in terra mentre il resto della pianta è composto di resine e armature in acciaio. Vaso e tronco in terra sono come fusi assieme, mentre il resto della pianta si snoda seguendo forme fittizie e sinuose. In Bonsai Riot ho ripercorso la memoria delle enormi piante che ho studiato quando esploravo quelle giungle non sempre incontaminate, provando una strana nostalgia, che attacca alla gola e non se ne va più.

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Falling asleep on a plane, 2024, resin, audio-speakers, synthetic hair. Courtesy of the artist, ph. Brent Decraene

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Vento Forte, Città, 2021, terracotta, resina sintetica, colore acrilico e a olio. Courtesy Galleria Monica De Cardenas, ph. Andrea Rossetti

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Vento Forte, Città, 2021, terracotta, resina sintetica, colore acrilico e a olio. Courtesy Galleria Monica De Cardenas, ph. Andrea Rossetti

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Vento Forte, Città, 2021, terracotta, resina sintetica, colore acrilico e a olio. Courtesy Galleria Monica De Cardenas, ph. Andrea Rossetti

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Vento Forte, Vaso caduto, 2021, terracotta, colore acrilico. Courtesy Galleria Monica De Cardenas, ph. Andrea Rossetti

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Vento Forte, Lumache volo via, 2021, terracotta, cemento, colore acrilico e a olio. Courtesy Galleria Monica De Cardenas, ph. Andrea Rossetti

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Vento Forte, Casetta nel bosco, 2021, terracotta, colore acrilico. Courtesy Galleria Monica De Cardenas, ph. Andrea Rossetti

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Vento Forte, Drama Queen, 2021, terracotta, colore a olio. Courtesy Galleria Monica De Cardenas, ph. Andrea Rossetti

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Bonsai Riot, Blu, terracotta, acciaio, magneti e resine. Courtesy Galleria Monica De Cardenas

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Bonsai Riot, Colossus, terracotta, acciaio, magneti e resine. Courtesy Galleria Monica De Cardenas

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Ritratto di Federico Tosi, 2024. Courtesy l’artista, ph. Alberto Nidola

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