Cantante, artista multimediale e PhD student in Nuovi Media, Giulia Deval esplora con rigore e delicatezza le politiche della voce. Vincitrice del Premio Lydia 2024, la sua pratica attraversa linguaggi e formati e si spinge spesso oltre la soglia dell’umano, là dove anche i boschi parlano. Con Deval abbiamo discusso di vocalità animali e umane, di frequenze che rivelano potere o vulnerabilità, e del potere trasformativo del silenzio vegetale. Un ascolto attento, il suo, che ci ricorda come il suono – e la sua assenza – possa essere il primo passo per (ri)entrare in relazione con la vita delle foreste. E con sé stessi.
Ognuno ha una sua propria relazione con la foresta, che fin da bambini ci è stata raccontata nelle fiabe come il luogo della magia, dell’imprevisto, dell’altro. Cosa è per te la foresta?
Della foresta ho un ricordo molto bello… talmente bello che a volte mi chiedo se sia vero. Avevo forse sei anni ed ero con mio nonno. Ce ne stavamo seduti in un punto all’ombra del suo orto, dalla parte del frutteto, che segnava la fine del campo coltivato e dava su alcuni alberi violacei di cui non ricordo il nome. Tutto per me finiva su quella linea scura perché mi era proibito oltrepassare da sola il confine del campo. Mentre ce ne stavamo lì, in un silenzio che era già fitto, da quelle fronde viola è uscito un cerbiatto. Un essere maestoso che ha trasformato anche il nostro respiro in un respiro animale, carico di aspettativa, meraviglia, paura… e gratitudine, al contempo. Uno sguardo di riverenza tra l’animale e mio nonno… il suo volto rugoso da mammifero stanco… e un colpo d’occhio a me, mentre inavvertitamente facevo scricchiolare qualche foglia secca sotto le mani, convinta di alzarmi in piedi e poterlo accarezzare… e lui via, sparito, come se non fosse mai apparso. Con mio nonno non ne abbiamo mai parlato, non abbiamo mai commentato l’accaduto, solo custodito quel silenzio e quel respiro comune.

Come mai scegli di tornarci?
Del bosco amo il potere che ha di cambiare la nostra lingua. Lo ricerco spesso: è come una pulizia, almeno per qualche ora, dall’abitudine fonatoria che caratterizza la nostra presenza nei bar, nelle accademie e nei luoghi dove gli umani risultano gli unici parlanti.
In alcuni luoghi il corpo deve ascoltare: il bosco è uno di questi. È permeato da suoni, odori, temperature che ci impongono di essere vigili, modificabili; questi fattori cambiano inevitabilmente le modalità con cui i nostri pensieri si concatenano, la densità dei nostri discorsi interiori ed esteriori. È importante prendersi un tempo per mettersi in ascolto delle grammatiche viventi che possiamo trovare in un bosco: mi piace trovarmi in una dimensione che mi porta lontano dalla mia abituale lalìa, mi rende meno loquace e più attenta al circostante.
Questa esperienza è valida anche per i tuoi alter ego?
Effettivamente ho “concesso” al mio alter ego Nino Gvilia (cantautrice georgiana con una sua biografia e un suo stile musicale) di parlare di foreste e di boschi attraverso alcune canzoni folk dove talvolta compaiono field recordings e altre voci registrate. C’è un brano, in particolare, che si intitola Forests, quatrain (nell’album Nicole / Overwhelmed by The Unexplained, Hive Mind Records, 2024, ndr.). È un canone costruito attorno a una quartina ispirata al libro di Eduardo Kohn Come pensano le foreste (nottetempo, 2021). La quartina recita: Forests are forests for those who come / Forests are forests for those who live through signs / Forests made those who live through signs / Forests made signs for those who call them forests.
Puoi parlarci del tuo progetto Pitch, che presenti al PAC di Milano, e di come voci animali e umane, comunità e foresta si fondono?
Pitch. Notes on vocal intonation (realizzato grazie al Premio Lydia della Fondazione Il Lazzaretto in partnership con il PAC di Milano e curato da Claudia D’Alonzo, ndr.) è un progetto sviluppato nel corso di una residenza presso Nub Project Space e presentato al Periferico festival di Modena nel 2023. Mi sono posta e ho posto interrogativi sul particolare fastidio diffuso nei confronti delle voci acute e sui meccanismi riscontrabili in diverse lingue e specie riguardo all’utilizzo dei toni gravi e acuti. Per l’indagine ho utilizzato fonti di formati diversi che vanno dalla pop culture come la voce di Serge Gainsbourg a testi e immagini a cavallo tra etologia e foniatria. Parte del soundtrack sono field recordings che ho realizzato nell’oasi naturalistica La Madonnina di Sant’Albano di Stura, in Piemonte, un luogo magico sulla tratta migratoria che connette l’Africa alla Scandinavia e che ogni mese è visitata da molte specie diverse di uccelli. Pitch ha avuto origine dalla lettura di alcuni studi dello zoologo e ornitologo Eugene S. Morton sull’utilizzo che gli animali fanno dei toni acuti e dei toni gravi nelle situazioni di conflitto. Secondo questi studi la voce è un mezzo fondamentale per proiettare le proprie dimensioni (reali o apparenti) nello spazio: ‘fare la voce grossa’ aiuta a sembrare potenzialmente vincenti in caso di scontro, ma anche mostrarsi ‘piccoli e indifesi’ può avere la sua utilità.
Da questa prospettiva etologica il fonetista John Ohala ha tratto la teoria del Frequency Code, un codice innato – osservato anche negli umani – che assocerebbe i toni acuti al significato primario di
‘piccolo vocalizzatore’ e i toni gravi a quello di ‘grande vocalizzatore’.

In questo studio è coinvolta anche la tua esperienza personale?
Per quanto mi riguarda – e non penso di essere la sola – mi sono accorta che ogni volta in cui devo mostrarmi autorevole e credibile tendo automaticamente a parlare con i toni gravi. Perché? Quale tipo di ambiente mi spinge a farlo? E in sostanza, cosa sto difendendo attraverso la mia voce?
Sembra che l’entità sonica della credibilità, del legittimo sapere, ma non solo, anche di una piacevolezza che non so descrivere, corrisponda a un profilo vocale decisamente egemone. Cosa ristagna sotto questi orientamenti? Il saggio di Anne Carson The gender of sound, che è un’altra fonte fondamentale di Pitch, è un testo incredibile per approfondire il processo storico di stigmatizzazione delle voci acute e le norme imposte alla voce nello spazio pubblico. Il progetto Pitch si è sviluppato in parallelo a Reasons Why I Hate My Voice, un workshop che esplora collettivamente i giudizi che abbiamo sulla nostra e sulle altre voci attraverso esercizi a cavallo tra voice over, doppiaggio e molti momenti di brainstorming.
Pitch. Notes on vocal intonation è stato realizzato grazie al Premio Lydia della Fondazione Il Lazzaretto in partnership con PAC di Milano, curato da Claudia D’Alonzo
Immagini scattate presso l'oasi naturalistica La Madonnina di Sant'Albano di Stura (CN) durante i field recordings di Giulia Deval per la realizzazione del progetto ‘Pitch. Notes on vocal intonation’.
Immagini scattate presso l'oasi naturalistica La Madonnina di Sant'Albano di Stura (CN) durante i field recordings di Giulia Deval per la realizzazione del progetto ‘Pitch. Notes on vocal intonation’.
Immagini scattate presso l'oasi naturalistica La Madonnina di Sant'Albano di Stura (CN) durante i field recordings di Giulia Deval per la realizzazione del progetto ‘Pitch. Notes on vocal intonation’.
Immagini scattate presso l'oasi naturalistica La Madonnina di Sant'Albano di Stura (CN) durante i field recordings di Giulia Deval per la realizzazione del progetto ‘Pitch. Notes on vocal intonation’.
Immagini scattate presso l'oasi naturalistica La Madonnina di Sant'Albano di Stura (CN) durante i field recordings di Giulia Deval per la realizzazione del progetto ‘Pitch. Notes on vocal intonation’.
Immagini del workshop "Reasons why I hate my voice" svoltosi presso i Prati di Caprara a Bologna nel corso del festival EXIT; ph credits Ornella de Carlo
Immagini del workshop "Reasons why I hate my voice" svoltosi presso i Prati di Caprara a Bologna nel corso del festival EXIT; ph credits Ornella de Carlo
‘Pitch. Notes on vocal intonation’, progetto gi Giulia Deval nato come performance-lecture durante una residenza artistica presso NUB Project Space (Pistoia) e presentato al Periferico Festival, Modena, 2023
‘Pitch. Notes on vocal intonation’, progetto gi Giulia Deval nato come performance-lecture durante una residenza artistica presso NUB Project Space (Pistoia) e presentato al Periferico Festival, Modena, 2023
‘Pitch. Notes on vocal intonation’, progetto gi Giulia Deval nato come performance-lecture durante una residenza artistica presso NUB Project Space (Pistoia) e presentato al Periferico Festival, Modena, 2023
Giulia Deval in ‘Pitch. Notes on vocal intonation’ - ph Davide Piferi de Simoni
Giulia Deval - ph Davide Piferi de Simoni